Ci sono varie specie che si adattano al mondo plasmandolo, cioè modificandolo. Sono i cosiddetti "ingegneri ecosistemici". Lo sono, ad esempio, i castori che costruiscono dighe e facendolo modificano il corso dei fiumi rendendo quell'ambiente più adatto a loro. Anche noi homo sapiens siamo ingegneri ecosistemici, ma abbiamo cambiato il mondo in modo talmente pervasivo, rapido ed invasivo che ci siamo infilati in una trappola evolutiva. Abbiamo modificato a nostro vantaggio l'ambiente che ci circonda deforestando, scavando miniere, deviando il corso dei fiumi ed estraendo combustibili fossili che abbiamo bruciato in atmosfera. Il problema è che i nostri figli in futuro dovranno adattarsi a un pianeta che abbiamo mutato troppo repentinamente, impoverendolo. La trappola è questa. La natura ci sta presentando il conto.
Questo fenomeno è così veloce da non dare tempo alle specie di adattarsi, perché l'evoluzione è un processo lento, che richiede intere generazioni.
Dalla biodiversità dipendono elementi fondamentali per la vita umana come la fertilità dei suoli, la qualità dell'aria, l'impollinazione del 70% della frutta e verdura che consumiamo a tavola.
Per la politica quello del cambiamento climatico appare sempre come un tema secondario. Perché?
Credo che il primo problema sia quello dell'incomprensione: la classe dirigente, non ha capito la gravità della situazione. Poi c'è un secondo problema: gli interventi sul cambiamento climatico e sulla biodiversità sono molto costosi, e la politica fa una fatica tremenda a spendere adesso per ottenere risultati in un futuro magari molto lontano. Chi deve farsi eleggere vuole risultati immediati e visibili fin da subito, sono pochi i personaggi in possesso di una visione sufficientemente lungimirante. C'è poi una terza ragione: gli interessi economici enormi che ci sono dietro le fonti fossili e che resistono tenacemente affinché la transizione alle fonti di energia rinnovabile sia più lenta possibile.
Parliamo di questo: la lotta al cambiamento climatico è possibile senza un radicale cambiamento del nostro modello di sviluppo?
Sono interventi che richiedono un profondo cambiamento del nostro modello economico: dobbiamo abbattere i consumi, cambiare il commercio, costruire un'economia circolare e realizzare una transizione vera verso le fonti rinnovabili. Lo stiamo facendo, ma a un ritmo troppo lento.
È necessaria una spinta dal basso: servono movimenti, dure proteste e una richiesta di cambiamento radicale.
Arriveremo prima o poi una "dittatura climatica"?
Questa prospettiva esiste e se ne discute tra molti analisti. Dobbiamo essere realisti: secondo i modelli scientifici se non saremo abbastanza veloci nel completare la transizione ecologica pagheremo un prezzo sempre più alto e saremo costretti a prendere decisioni sempre più emergenziali. Per questo la politica deve assumersi le sue responsabilità e deve farlo da subito. Per quanto mi riguarda l'unico dogma è che non si esca mai da una discussione democratica.
Cosa potrebbe accadere all’Italia? Come diventerà il nostro Paese, se non faremo niente?
Se non faremo nulla, se andrà tutto male, i mari si solleveranno di 65 metri e tra 700 anni la Pianura Padana sarà sommersa, il mare arriverà a Lodi e le coste di Marche, Abruzzo e Molise somiglieranno a fiordi. Roma sarà una città tropicale e la Sicilia un deserto roccioso. Questa non è fantascienza: è quello che dicono i modelli scientifici, nella peggiore delle ipotesi!
Tratto dall'intervista di fanpage al Professor Telmo Pievani, filosofo della biologia, evoluzionista.
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